giovedì 8 gennaio 2009

Bruciare... in pubblico (tempo di lettura 12 minuti)

Ci risiamo...
a dieci mesi di distanza, il copione si ripete.
Sempre, perfettamente, uguale. (vedi quanto ho scritto qui, nell'articolo di marzo 2008).

Nel silenzio più assoluto dei media nazionali, ed in particolare dei TG RAI (per i quali questo silenzio costituisce "colpa grave"), da settimane e mesi i palestinesi "controllati" da (o "aderenti" ad) Hamas bombardano ininterrottamente la popolazione civile Israeliana con quotidiane gragnuole di ordigni esplosivi (comunemente definiti "razzi" dai nostri giornalisti), magari con l'aggiunta dei nuovi missili "Grad" a lunga gittata.
Poi, un ... giorno, parte la risposta militare Israeliana (a fine Dicembre 2008) e...
Boom!
Ecco L-A_N-O-T-I-Z-I-A!
E tutti, dico tutti, i giornali cominciano a parlare di "vittime", di quanto "è inutile la guerra", di quanto "è ingiusta" la guerra, di quanto soffrono i palestinesi, si fanno interviste a vari esponenti della cultura Israeliana (il direttore del concerto di fine anno a Vienna, il direttore del film valzer con Bashir) i quali, immancabilmente, hanno parole di condanna verso quello che sta facendo il loro paese e, magari, assieme alla martellante "cronaca" della "distruzione" e delle morti innocenti "causate" dall'esercito Israeliano, magari dico, a lato, di contorno, di sfuggita, passa anche quell'informazione che per mesi è stata taciuta:
che da giorni, settimane, mesi, sotto il quotidiano, ininterrotto, bombardamento di razzi e missili lanciati dai palestinesi di Hamas, nella striscia di Gaza (non dai territori della Cisgiordania) gli Israeliani (i civili, uomini, donne, bambini, anziani) per proteggersi, vivono rintanati nelle cantine dei loro edifici, nei rifugi; in un'esistenza da incubo, in sospeso, al suono delle sirene e delle esplosioni (interessante al proposito la lettura di questo articolo apparso sul Corriere della Sera).

Visto che, come ho detto sopra, il copione si ripete, anche in questa occasione non manca chi, durante una manifestazione, si mette a bruciare "in piazza" la bandiera dello Stato di Israele, magari in compagnia di quella degli USA.

Cominciamo col dire che dare fuoco ad una bandiera può significare solo una cosa:
manifestare il desiderio di vedere "distrutto" (tra le fiamme) ciò che quella bandiera rappresenta; ovvero, nel caso delle bandiere nazionali, un intero popolo.

E' una vera manifestazione di "odio" (il sentimento distruttivo per eccellenza) con chiare connotazioni "razziali" in quanto rivolto ad una "generalità" di persone identificate solo dalla loro appartenenza al "gruppo sociale" rappresentato dalla bandiera data alle fiamme.

In un paese come il nostro, dove anche la cattura (con eventuale collutazione e uso della forza) e la carcerazione di un delinquente di origini straniere e/o di "religione musulmana" può dare vita a infinite polemiche e feroci accuse di "razzismo" contro gli agenti che hanno eseguito l'arresto,
in un paese come il nostro, dicevo, è difficile comprendere come mai bruciare in pubblico la bandiera di Israele, la bandiera degli Israeliani, passi sempre nell'assoluta indifferenza dei telegiornali di Stato, che raramente, se non mai, ne danno notizia.
E' difficile comprendere come mai, a seguito di tali gesti pubblici palesemente carichi di odio razzista, non parta immediato il coro di dichiarazioni di sdegno e condanna che siamo soliti udire in altre occasioni.

Forse che bruciare in pubblico la bandiera di uno stato non sia considerato, dai nostri giornalisti, una pericolosa manifestazione di odio razzista?

Forse che per i nostri giornalisti, dare alle fiamme il simbolo di un "popolo" non è poi un gesto "così grave" da potersi guadagnare l'"onore" della cronaca?

Forse non lo è...
interessante a questo proposito la dichiarazione di Mercedes Bresso (esponente della sinistra italiana, e aderente al PD), presidente del Piemonte, nonché della Fiera del Libro di Torino, durante un'intervista rilasciata ad una giornalista del quotidiano L'Unità, secondo cui bruciare la bandiera del popolo Israeliano è una manifestazione "disprezzo e di volontà di violenza", verso quel popolo, che parte da "posizioni politiche anche comprensibili [...] condivise non solo dalla sinistra", e che si può definire come "reato d'opinione".

Ecco, forse qui già si può intendere qualcosa in più.
1)Bruciare la bandiera di Israele è un gesto che può anche essere "politicamente comprensibile".
2)Bruciare la bandiera di Israele è un gesto che riguarda l'espressione delle proprie "opinioni"; insomma, qualcosa che ha a che fare con il diritto individuale, tutelato dalla nostra Costituzione, di "manifestare liberamente il proprio pensiero"(art. 21).

Insomma, forse bruciare in pubblico il simbolo di un popolo, di un Paese, è un gesto, violento, di odio razzista che meriterebbe di essere riportato, almeno, dai giornalisti di Stato per essere pubblicamente denunciato ed essere, altrettanto pubblicamente e vivamente condannato da tutti gli esponenti del mondo politico, culturale e intellettuale Italiano, ma...
... ma,
... c'è un ma...
... se ad essere bruciata è la bandiera del popolo Israeliano, forse la condanna non sarebbe poi così "convinta" e non così "generale" e, forse, nemmeno tanto "giusta" visto che andrebbe in "conflitto" col succitato diritto a manifestare liberamente il proprio pensiero.

Insomma, con tutte queste incognite... è "normale" che i giornalisti (soprattutto quelli "di Stato") si guardino dal fare denuncie che potrebbero non raccogliere il "necessario" "sostegno" politico.

E, infatti, non ne hanno fatte!
Se non fosse per la polemica seguita alle dichiarazioni del presidente della Camera, On. Gianfranco Fini, secondo le quali la recente manifestazione di protesta, svoltasi a Torino, durante la quale è stata data alle fiamme la bandiera del popolo Israeliano, costituisce un fatto ancor più grave dell'assassinio di un giovane da parte di quattro giovani "naziskin".
L'accostamento dei due fatti pare a prima vista assurdo e, a maggior ragione, la "scala" di gravità esposta dall'On. Fini; da qui tutte le successive polemiche "nazionali" che hanno tenuto occupati quasi tutti i mezzi di informazione.
In realtà è facile capire, per chi ascolta senza pregiudizi, che Fini si riferiva alla gravità "politica" dei due fatti a confronto, e non c'è dubbio che se da una parte l'omicidio del giovane è da definirsi un fatto criminale politicamente irrilevante (non ci sono state motivazioni "politiche" a scatenare l'aggressione assassina, ma "il rifiuto di una sigaretta"; inoltre la condanna del crimine è stata immediata e totale, senza distizioni, da parte di tutte le forze politiche, ed infine i criminali sono stati catturati e posti sotto processo), dall'altra la bandiera dello Stato Ebraico data alla fiamme in pubblico (per l'ennesima volta) da esponenti militanti nell'area della sinistra radicale, oltre ad essere un "reato" ed una chiara manifestazione di odio razzista, è un gesto con chiare ed evidenti finalità politiche la cui maggior gravità consiste, appunto, nel fatto che sul quel gesto cala il "silenzio" dei media, la "comprensione" di una parte della politica, l'"indifferenza" di un'altra, e, per finire, gli autori del reato, non risultano perseguiti per aver manifestato il loro di odio razzista (come è previsto dalla Legge).

Qualcuno potrebbe essere portato a credere che l'assenza di denuncia mediatica e politica non sia collegato alla specificità della manifestazione di odio diretto verso la popolazione Israeliana(=ebraica), ma proprio dal fatto che tale gesto costituisce una "libera manifestazione di pensiero" e pertanto, di per sè, non censurabile e non "condannabile".

Ebbene, le cose non stanno così... e lo dimostro con un semplice ma efficace esempio.

Si provi ad immaginare la reazione mediatica, per ciascuno dei seguenti gesti incendiari fatti in occasione di una pubblica manifestazione:
1)Un gruppo di persone, brucia un poster con il volto di Enzo Iacchetti
2)Un gruppo di persone, brucia un poster con il volto di Silvio Berlusconi
3)Un gruppo di persone, brucia la bandiera Italiana
4)Un gruppo di "Leghisti", brucia la bandiera Italiana.
5)Un gruppo di persone, brucia la bandiera Palestinese.
6)Un gruppo di aderenti a movimenti di estrema destra, brucia la bandiera Palestinese.
7)Un gruppo di persone, brucia la bandiera dell'Arabia Saudita
8)Un gruppo di aderenti a movimenti di estrema destra, brucia la bandiera dell'Arabia Saudita

Credo sia facile concordare che, partendo dal primo caso, si può immaginare che la reazione mediatica sarebbe via via più estesa e la denuncia/condanna, più forte e decisa, man mano che si prosegue verso l'ultimo caso, nel quale, con tutta probabilità è facile prevedere ripercussioni perfino sul piano diplomatico internazionale (ricordo le asprissime polemiche nazionali e le manifestazioni violente contro il consolato Italiano a Bengasi, in Libia, che sono seguite quando, il 15 Febbraio 2006, durante un'intervista televisiva del TG1, un senatore della Lega Nord, al tempo ministro delle Riforme, ha fatto intravedere uno scorcio della maglietta che indossava sotto la camicia, sulla quale avrebbe dovuto esserci stampata, ma non c'è stato modo di vederlo, una delle caricature pubblicate sul giornale danese Jyllands-Posten, ritenute offensive da esponenti della cultura musulmana in Europa e nel mondo. Vale la pena di ricordare anche che, per il suo presunto "reato d'opinione", il ministro Leghista è stato immediatamente inquisito dalla magistratura Italiana e posto sotto processo).

Si provi ora a immaginare, anzi, a ricordare la reazione mediatica, per ciascuno dei seguenti gesti incendiari fatti in occasione di una pubblica manifestazione:
1)Un gruppo di persone, brucia la bandiera di Israele
2)Un gruppo di aderenti a movimenti di "sinistra", brucia la bandiera di Israele
3)Un gruppo di persone, brucia la bandiera degli USA
4)Un gruppo di aderenti a movimenti di "sinistra", brucia la bandiera degli USA.

Nessuna denuncia, nessuna reazione, nessun dibattito politico, nessun "incidente diplomatico", nessuna ambasciata o consolato Italiano preso di mira da manifestanti in Israele, nè negli USA.

Mi ricordo perfettamente di un servizio trasmesso mesi fa su di un TG RAI, durante il quale si vedevano le immagini delle bandiere di USA e Israele date alle fiamme e si sentivano dei manifestanti scandire lo slogan " dieci, cento, mille Nassirya".
Ebbene, rimasi allibito, stupefatto e amareggiato nell'osservare che tutti i commenti di sdegno e condanna collegati a quel servizio, si riferivano esclusivamente allo slogan che offendeva la memoria dei nostri "eroi" caduti in Iraq.
NON UNA PAROLA, sulle bandiere date alle fiamme.

Chi è dotato di un minimo di onestà intellettuale non può non riconoscere in questa "disparità" di trattamento mediatico e di "giudizio" politico, l'esistenza di una vera "discriminazione".

Bruciare la bandiera del popolo Israeliano, dello Stato Ebraico, non viene considerato (dai mezzi di informazione) un gesto degno di denuncia e condanna per il fatto stesso che ad essere offeso e oggetto della manifestazione di odio è il simbolo dello Stato Ebraico, del popolo di Israele e non un altro; qualunque altro simbolo politico o bandiera data alle fiamme provocherebbe senza alcun dubbio una immediata denuncia e viva condanna.

Se non è questo il sintomo dell'esistenza, o meglio, della permanenza di un grave, anzi gravissimo, pregiudizio razziale "anti-Israeliano/ebraico" in Italia, ditemi voi cos'è.

Il controsenso di oggi è questo:
Che in un paese dove la "caccia al razzista" è un "sport" praticato quotidianamente da tutti i mezzi di informazione, "sfugga" quanto "odio razzista" e "razzista desiderio di annientamento" si manifesti allorquando, in pubblico, venga dato alle fiamme il simbolo dello Stato e del Popolo Ebraico.

Saluti e...
buoni controsensi a tutti.

Nessun commento: