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giovedì 8 gennaio 2009

Bruciare... in pubblico (tempo di lettura 12 minuti)

Ci risiamo...
a dieci mesi di distanza, il copione si ripete.
Sempre, perfettamente, uguale. (vedi quanto ho scritto qui, nell'articolo di marzo 2008).

Nel silenzio più assoluto dei media nazionali, ed in particolare dei TG RAI (per i quali questo silenzio costituisce "colpa grave"), da settimane e mesi i palestinesi "controllati" da (o "aderenti" ad) Hamas bombardano ininterrottamente la popolazione civile Israeliana con quotidiane gragnuole di ordigni esplosivi (comunemente definiti "razzi" dai nostri giornalisti), magari con l'aggiunta dei nuovi missili "Grad" a lunga gittata.
Poi, un ... giorno, parte la risposta militare Israeliana (a fine Dicembre 2008) e...
Boom!
Ecco L-A_N-O-T-I-Z-I-A!
E tutti, dico tutti, i giornali cominciano a parlare di "vittime", di quanto "è inutile la guerra", di quanto "è ingiusta" la guerra, di quanto soffrono i palestinesi, si fanno interviste a vari esponenti della cultura Israeliana (il direttore del concerto di fine anno a Vienna, il direttore del film valzer con Bashir) i quali, immancabilmente, hanno parole di condanna verso quello che sta facendo il loro paese e, magari, assieme alla martellante "cronaca" della "distruzione" e delle morti innocenti "causate" dall'esercito Israeliano, magari dico, a lato, di contorno, di sfuggita, passa anche quell'informazione che per mesi è stata taciuta:
che da giorni, settimane, mesi, sotto il quotidiano, ininterrotto, bombardamento di razzi e missili lanciati dai palestinesi di Hamas, nella striscia di Gaza (non dai territori della Cisgiordania) gli Israeliani (i civili, uomini, donne, bambini, anziani) per proteggersi, vivono rintanati nelle cantine dei loro edifici, nei rifugi; in un'esistenza da incubo, in sospeso, al suono delle sirene e delle esplosioni (interessante al proposito la lettura di questo articolo apparso sul Corriere della Sera).

Visto che, come ho detto sopra, il copione si ripete, anche in questa occasione non manca chi, durante una manifestazione, si mette a bruciare "in piazza" la bandiera dello Stato di Israele, magari in compagnia di quella degli USA.

Cominciamo col dire che dare fuoco ad una bandiera può significare solo una cosa:
manifestare il desiderio di vedere "distrutto" (tra le fiamme) ciò che quella bandiera rappresenta; ovvero, nel caso delle bandiere nazionali, un intero popolo.

E' una vera manifestazione di "odio" (il sentimento distruttivo per eccellenza) con chiare connotazioni "razziali" in quanto rivolto ad una "generalità" di persone identificate solo dalla loro appartenenza al "gruppo sociale" rappresentato dalla bandiera data alle fiamme.

In un paese come il nostro, dove anche la cattura (con eventuale collutazione e uso della forza) e la carcerazione di un delinquente di origini straniere e/o di "religione musulmana" può dare vita a infinite polemiche e feroci accuse di "razzismo" contro gli agenti che hanno eseguito l'arresto,
in un paese come il nostro, dicevo, è difficile comprendere come mai bruciare in pubblico la bandiera di Israele, la bandiera degli Israeliani, passi sempre nell'assoluta indifferenza dei telegiornali di Stato, che raramente, se non mai, ne danno notizia.
E' difficile comprendere come mai, a seguito di tali gesti pubblici palesemente carichi di odio razzista, non parta immediato il coro di dichiarazioni di sdegno e condanna che siamo soliti udire in altre occasioni.

Forse che bruciare in pubblico la bandiera di uno stato non sia considerato, dai nostri giornalisti, una pericolosa manifestazione di odio razzista?

Forse che per i nostri giornalisti, dare alle fiamme il simbolo di un "popolo" non è poi un gesto "così grave" da potersi guadagnare l'"onore" della cronaca?

Forse non lo è...
interessante a questo proposito la dichiarazione di Mercedes Bresso (esponente della sinistra italiana, e aderente al PD), presidente del Piemonte, nonché della Fiera del Libro di Torino, durante un'intervista rilasciata ad una giornalista del quotidiano L'Unità, secondo cui bruciare la bandiera del popolo Israeliano è una manifestazione "disprezzo e di volontà di violenza", verso quel popolo, che parte da "posizioni politiche anche comprensibili [...] condivise non solo dalla sinistra", e che si può definire come "reato d'opinione".

Ecco, forse qui già si può intendere qualcosa in più.
1)Bruciare la bandiera di Israele è un gesto che può anche essere "politicamente comprensibile".
2)Bruciare la bandiera di Israele è un gesto che riguarda l'espressione delle proprie "opinioni"; insomma, qualcosa che ha a che fare con il diritto individuale, tutelato dalla nostra Costituzione, di "manifestare liberamente il proprio pensiero"(art. 21).

Insomma, forse bruciare in pubblico il simbolo di un popolo, di un Paese, è un gesto, violento, di odio razzista che meriterebbe di essere riportato, almeno, dai giornalisti di Stato per essere pubblicamente denunciato ed essere, altrettanto pubblicamente e vivamente condannato da tutti gli esponenti del mondo politico, culturale e intellettuale Italiano, ma...
... ma,
... c'è un ma...
... se ad essere bruciata è la bandiera del popolo Israeliano, forse la condanna non sarebbe poi così "convinta" e non così "generale" e, forse, nemmeno tanto "giusta" visto che andrebbe in "conflitto" col succitato diritto a manifestare liberamente il proprio pensiero.

Insomma, con tutte queste incognite... è "normale" che i giornalisti (soprattutto quelli "di Stato") si guardino dal fare denuncie che potrebbero non raccogliere il "necessario" "sostegno" politico.

E, infatti, non ne hanno fatte!
Se non fosse per la polemica seguita alle dichiarazioni del presidente della Camera, On. Gianfranco Fini, secondo le quali la recente manifestazione di protesta, svoltasi a Torino, durante la quale è stata data alle fiamme la bandiera del popolo Israeliano, costituisce un fatto ancor più grave dell'assassinio di un giovane da parte di quattro giovani "naziskin".
L'accostamento dei due fatti pare a prima vista assurdo e, a maggior ragione, la "scala" di gravità esposta dall'On. Fini; da qui tutte le successive polemiche "nazionali" che hanno tenuto occupati quasi tutti i mezzi di informazione.
In realtà è facile capire, per chi ascolta senza pregiudizi, che Fini si riferiva alla gravità "politica" dei due fatti a confronto, e non c'è dubbio che se da una parte l'omicidio del giovane è da definirsi un fatto criminale politicamente irrilevante (non ci sono state motivazioni "politiche" a scatenare l'aggressione assassina, ma "il rifiuto di una sigaretta"; inoltre la condanna del crimine è stata immediata e totale, senza distizioni, da parte di tutte le forze politiche, ed infine i criminali sono stati catturati e posti sotto processo), dall'altra la bandiera dello Stato Ebraico data alla fiamme in pubblico (per l'ennesima volta) da esponenti militanti nell'area della sinistra radicale, oltre ad essere un "reato" ed una chiara manifestazione di odio razzista, è un gesto con chiare ed evidenti finalità politiche la cui maggior gravità consiste, appunto, nel fatto che sul quel gesto cala il "silenzio" dei media, la "comprensione" di una parte della politica, l'"indifferenza" di un'altra, e, per finire, gli autori del reato, non risultano perseguiti per aver manifestato il loro di odio razzista (come è previsto dalla Legge).

Qualcuno potrebbe essere portato a credere che l'assenza di denuncia mediatica e politica non sia collegato alla specificità della manifestazione di odio diretto verso la popolazione Israeliana(=ebraica), ma proprio dal fatto che tale gesto costituisce una "libera manifestazione di pensiero" e pertanto, di per sè, non censurabile e non "condannabile".

Ebbene, le cose non stanno così... e lo dimostro con un semplice ma efficace esempio.

Si provi ad immaginare la reazione mediatica, per ciascuno dei seguenti gesti incendiari fatti in occasione di una pubblica manifestazione:
1)Un gruppo di persone, brucia un poster con il volto di Enzo Iacchetti
2)Un gruppo di persone, brucia un poster con il volto di Silvio Berlusconi
3)Un gruppo di persone, brucia la bandiera Italiana
4)Un gruppo di "Leghisti", brucia la bandiera Italiana.
5)Un gruppo di persone, brucia la bandiera Palestinese.
6)Un gruppo di aderenti a movimenti di estrema destra, brucia la bandiera Palestinese.
7)Un gruppo di persone, brucia la bandiera dell'Arabia Saudita
8)Un gruppo di aderenti a movimenti di estrema destra, brucia la bandiera dell'Arabia Saudita

Credo sia facile concordare che, partendo dal primo caso, si può immaginare che la reazione mediatica sarebbe via via più estesa e la denuncia/condanna, più forte e decisa, man mano che si prosegue verso l'ultimo caso, nel quale, con tutta probabilità è facile prevedere ripercussioni perfino sul piano diplomatico internazionale (ricordo le asprissime polemiche nazionali e le manifestazioni violente contro il consolato Italiano a Bengasi, in Libia, che sono seguite quando, il 15 Febbraio 2006, durante un'intervista televisiva del TG1, un senatore della Lega Nord, al tempo ministro delle Riforme, ha fatto intravedere uno scorcio della maglietta che indossava sotto la camicia, sulla quale avrebbe dovuto esserci stampata, ma non c'è stato modo di vederlo, una delle caricature pubblicate sul giornale danese Jyllands-Posten, ritenute offensive da esponenti della cultura musulmana in Europa e nel mondo. Vale la pena di ricordare anche che, per il suo presunto "reato d'opinione", il ministro Leghista è stato immediatamente inquisito dalla magistratura Italiana e posto sotto processo).

Si provi ora a immaginare, anzi, a ricordare la reazione mediatica, per ciascuno dei seguenti gesti incendiari fatti in occasione di una pubblica manifestazione:
1)Un gruppo di persone, brucia la bandiera di Israele
2)Un gruppo di aderenti a movimenti di "sinistra", brucia la bandiera di Israele
3)Un gruppo di persone, brucia la bandiera degli USA
4)Un gruppo di aderenti a movimenti di "sinistra", brucia la bandiera degli USA.

Nessuna denuncia, nessuna reazione, nessun dibattito politico, nessun "incidente diplomatico", nessuna ambasciata o consolato Italiano preso di mira da manifestanti in Israele, nè negli USA.

Mi ricordo perfettamente di un servizio trasmesso mesi fa su di un TG RAI, durante il quale si vedevano le immagini delle bandiere di USA e Israele date alle fiamme e si sentivano dei manifestanti scandire lo slogan " dieci, cento, mille Nassirya".
Ebbene, rimasi allibito, stupefatto e amareggiato nell'osservare che tutti i commenti di sdegno e condanna collegati a quel servizio, si riferivano esclusivamente allo slogan che offendeva la memoria dei nostri "eroi" caduti in Iraq.
NON UNA PAROLA, sulle bandiere date alle fiamme.

Chi è dotato di un minimo di onestà intellettuale non può non riconoscere in questa "disparità" di trattamento mediatico e di "giudizio" politico, l'esistenza di una vera "discriminazione".

Bruciare la bandiera del popolo Israeliano, dello Stato Ebraico, non viene considerato (dai mezzi di informazione) un gesto degno di denuncia e condanna per il fatto stesso che ad essere offeso e oggetto della manifestazione di odio è il simbolo dello Stato Ebraico, del popolo di Israele e non un altro; qualunque altro simbolo politico o bandiera data alle fiamme provocherebbe senza alcun dubbio una immediata denuncia e viva condanna.

Se non è questo il sintomo dell'esistenza, o meglio, della permanenza di un grave, anzi gravissimo, pregiudizio razziale "anti-Israeliano/ebraico" in Italia, ditemi voi cos'è.

Il controsenso di oggi è questo:
Che in un paese dove la "caccia al razzista" è un "sport" praticato quotidianamente da tutti i mezzi di informazione, "sfugga" quanto "odio razzista" e "razzista desiderio di annientamento" si manifesti allorquando, in pubblico, venga dato alle fiamme il simbolo dello Stato e del Popolo Ebraico.

Saluti e...
buoni controsensi a tutti.

sabato 1 marzo 2008

Per i nostri TG, 1000 razzi non valgono un solo "Kamikaze"

Ci risiamo...
Dopo settimane di silenzio assoluto sullo stato del mai sopito conflitto palestinese/Israeliano, all'improvviso... LA NOTIZIA
Sì, sì... L-A_N-O-T-I-Z-I-A, lo riscrivo, in stampatello maiuscolo e ben scandito perchè questo è la radice del problema che segna in modo profondo e pericoloso (per la formazione della "pubblica opinione"), il sistema informativo (o meglio, in questo contesto , dis-informativo ), giornalistico, pubblico e privato.
Oggi, per esempio, dopo settimane di silenzio, improvvisamente, tutti i telegiornali di Stato hanno inserito nella scaletta delle notizie del giorno un servizio sull'intervento militare Israeliano nella cosidetta striscia di Gaza, che ha comportato la morte di circa trenta palestinesi tra cui "miliziani" (altri li definirebbero "terroristi"), e "civili"; tra questi, come accade quasi puntualmente, tre bambini.
Questa, veramente in sintesi, LA NOTIZIA.
Ovviamente su questa "notizia", come su tutte quelle che riguardano il conflitto palestinese/Israeliano, il conteggio dei morti, feriti, danni, e la qualificazione di questi, cioè la distinzione in terroristi, "miliziani", "civili", "bambini", è lasciato a "fonti" che, molto comprensibilmente, NON VENGONO VERIFICATE prima di pubblicare o trasmettere dai telegiornali le "notizie" (a dispetto di quella che dovrebbe essere una delle principali norme deontologiche del giornalismo professionale).
Dico "molto comprensibilmente" perchè è noto che ormai, oggi, il giornalismo si fà soprattutto per telefono, per motivi "prestazionali" in primis (che si basa su quella competizione che vede un giornale/giornalista più "bravo" di un'altro se riesce a dare la notizia per primo); ma per quanto riguarda le notizie dal medio oriente si aggiungono altre complicazioni: una oggettiva difficoltà ambientale che rende difficile la raccolta diretta di informazioni da entrambi le parti in conflitto; e poi, soprattutto, la barriera culturale/linguistica.
Gli inviati Italiani non sono in grado di comprendere le comunicazioni e le "informazioni" che vengono trasmesse in arabo dai media locali, (anche quando a parlare sono gli stessi leader palestinesi) e si devono pertanto affidare alle "versioni in Inglese" opportunamente predisposte dai leader e "giornalisti" locali ad uso e consumo dei "colleghi" occidentali, tra cui, ovviamente, anche quelli Italiani.

Non starò qui a discutere sul tema della qualità del giornalismo Italiano in generale, mi basterà riportare due link trovati velocemente con Google inserendo le parole "deontologia giornalistica verifica delle fonti" nel campo di ricerca: http://www.bolognadue.it/angelorizzi/tecap12.htm, http://attivissimo.blogspot.com/2008/02/hostess-spogliarellista-video-autentico.html.
Il primo riporta un'estesa analisi dei tipici problemi legati al rapporto tra la "realtà" e la "rappresentazione" giornalistica; il secondo, un recente, divertente, e drammaticamente esemplificativo caso di mancanza di verifica sulle fonti.

Mi preme invece osservare come questa situazione deficitaria del giornalismo in generale, sia particolarmente devastante quando a venire trattate e trasmesse sono le "notizie" che riguardano la situazione in Israele e nei "territori Palestinesi".
L'effetto è "devastante" perchè produce costantemente una rappresentazione altamente distorta della "realtà" che indubbiamente influenza in modo determinante e fortemente emotiva "l'opinione pubblica" in merito al conflitto ed in particolare, condiziona il giudizio di merito sull'operato delle autorità Israeliane, su Israele nel suo insieme, e, in ultima analisi, sugli Israeliani in quanto ebrei.
Non c'è bisogno di sforzarsi molto per trovare anche nelle cronache più recenti, la registrazione in Italia di atti di ostilità, di censura, se non di manifesta violenza, da parte di gruppi organizzati (soprattutto legati ideologicamente con ambienti della sinistra) contro docenti, scrittori, personale diplomatico, luoghi e persone appartenenti alle comunità ebraiche Italiane, che, di volta in volta, venivano identificati come rappresentanti di Israele e della sua società.
Questi episodi si fondano e prendono spunto, putroppo, anche da quella costante deformazione dell'informazione operata (consapevolmente o meno) dai media Italiani e che riconduce la rappresentazione di Israele a quella di "Stato oppressore" e infanticida.
Nella nostra società, così fragile, ansiosa, aggrappata tenacemente all'idea cattolico-comunista della solidarietà, dell'uguaglianza, del diritto al diritto, dello Stato "garante della pace e della serenità", la figura dello "Stato oppressore e infanticida" desta ovviamente sentimenti fortemente ostili; paradossalmente più ostili di quelli che suscitano gli attentati terroristici in genere (in quanto i terroristi vengono considerati, più o meno, alla stregua di "dementi", di "incapaci di intendere e volere", pertanto i loro crimini vengono giudicati con quella tipica clemenza a cui la nostra stessa giustizia penale ci ha da lungo abituato; una specie di "attenuante" che non si può certo riconoscere alle azioni compiute da un Stato).

Il giornalismo pubblico, di Stato, in quanto pagato con i soldi di quasi tutti gli Italiani, dovrebbe essere garanzia di equilibrio e professionalità, e proprio per questo ha più effetto di altri mezzi di informazione sulla formazione dell'opinione pubblica, proprio perchè i suoi utenti "si fidano"; pertanto, laddove l'informazione sia distorta dal giornalismo di stato, maggiore è l'effetto disinformativo, e più grave la Colpa.

Purtroppo la distorsione è tanto forte quanto difficilmente identificabile dalla maggioranza degli Italiani che, si sa, non dedicano molto tempo alla lettura nè all'approfondimento.
Il fatto è che la deformazione inizia proprio con "la notizia", o meglio, con LA SCELTA della notizia; e qui, finalmente, mi ricollego all'inizio di questo Post.

Ascoltando attentamente tutto il servizio mandato in onda oggi su tutti i TG nazionali, si capisce chiaramente che dalla striscia di Gaza sono giorni che vengono lanciati decine di "razzi", per non dire "missili", sulle case e sulle teste degli Israeliani, uomini, donne, e bambini inclusi.
Come mai di questo FATTO (di cui certamente i giornalisti inviati e le nostre redazioni erano perfettamente a conoscenza) NON E' STATA DATA NOTIZIA?
Mi ricordo perfettamente che, circa vent'anni fa, per il solo fatto che una paio di esplosioni sono state udite vicino alle coste di Lampedusa, per i giorni a seguire i giornali e telegiornali Italiani hanno riempito pagine e ore di trasmissione per dare e trattare "LA NOTIZIA" riguardo a due presunti missili lanciati, presumibilmente, dalla Libia.
Perchè, allora, mi domando, la gragnola di "missili" che da mesi e mesi, viene lanciata dai palestinesi di Gaza sugli Israeliani, bambini inclusi, producendo, danni, feriti, qualche morto, e molto, molto terrore, non viene considerata dalle redazioni dei telegiornali di Stato, degna di diventare "notizia"?
Non dico un un servizio al giorno, visto che i lanci sono quotidiani, ma almeno uno alla settimana! giusto per mantenere nell'opinione pubblica una certa consapevolezza sul reale stato delle cose e non, piuttosto, indurre gli Italiani a credere che, per il solo fatto che i giornali nostrani non ne parlano, i palestinesi concedano periodi di "tregua" alla popolazione Israeliana (come gli stessi giornalisti spesso si ritrovano a dire).

Insomma, se i palestinesi "bombardano" gli Israeliani, di questo non viene data notizia agli Italiani, ma se Israele reagisce e attacca le postazioni da cui partono i missili palestinesi, il fatto diventa immediatamente degno di occupare un posto nella scaletta dei telegiornali.

E' difficile capire perchè il continuo e quotidiano attacco "razzistico/missilistico" dei palestinesi contro uomini, donne e bambini Israeliani (quindi deliberatamente contro "civili") non sia ritenuto degno di essere NOTIZIA, mentre la reazione Israeliana sì.

Ma è facile, invece, capire che questa SELEZIONE delle informazioni, già da sola è sufficiente a distorcere la rappresentazione della realtà.
L'ascoltatore è inevitabilmente indotto a ritenere il lancio dei "razzi" palestinesi SPORADICO e sostanzialmente inoffensivo (il nome stesso "razzo", invece di "missile", aiuta questa percezione); la stessa assenza di "interesse" giornalistico sul fatto sostiene l'idea che gli effetti letali di questi lanci siano trascurabili... sennò i giornali ne parlerebbero... no?

Per cui... se i razzi palestinesi sono, tuttosommato, innocui... come si può giustificare una così imponente e violenta azione militare Israeliana, con tanto di morti palestinesi civili e bambini, da diventare immediatamente oggetto di notizia su tutti i giornali di Stato?

IL FATTO è che i razzi palestinesi non sono meno letali delle classiche bombe a mano e il loro lancio quotidiano nella misura di centinaia alla settimana (una vera e propria forma di bombardamento), li rende tutt'altro che innocui causando danni e feriti gravi con amputazioni di arti pure tra bambini.

Ma la percezione che gli Italiani ricevono è chiaramente tutt'altra.
A contribuire a ridurre la percezione della gravità e degli effetti terroristici dei "bombardamenti" palestinesi, c'è pure la scelta delle parole usate dal giornalista per introdurre il servizio.
Su di un TG RAI di oggi, l'azione militare Israeliana è stata definita come una risposta al lancio dei razzi palestinesi "sul territorio Israeliano".
E' chiaro che in questo modo si sposta l'attenzione dal fatto principale, (ovvero sull'intento dei palestinesi di colpire, ferire, e possibilmente uccidere, quanti più israeliani possibile bambini compresi) e si rende la comunicazione molto più asettica e meno emotiva; insomma un conto è dire che i palestinesi lanciano i razzi contri "il territorio Israeliano", un'altro dire che li lanciano contro "i civili e i bambini Israeliani".

Al TG1 riferiscono che l'attacco Israeliano ha causato la morte di circa trenta palestinesi, soprattutto "miliziani", ma anche una decina di "civili" tra cui sette donne e tre "bambini".
Al TG3, addirittura, il riferimento ai "miliziani" è scomparso e la notizia è stata data così:
"...sono stati uccisi circa trenta palestinesi tra cui sette donne e tre bambini"(sic!).
Direi che la versione del TG3 è, come al solito, quella più "deformante".

Detta in questo modo si lascia intendere che l'effetto dell'attacco Israeliano è stato quello di "uccidere palestinesi" e, cosa ancora più abberrante, "bambini palestinesi".

Già a questo punto dell'analisi possiamo comprendere che l'opinione indotta dai giornali RAI sull'ascoltatore non può condurre ad altro che a questa idea: che i palestinesi, sebbene lancino razzi di tanto in tanto, sono innocui, che la reazione di Israele è ingiustificata, e, inoltre, è spropositata (trenta morti) razzista (diretta contro "i palestinesi") e crudele (contro i bambini).

Potrei anche fermarmi qui, perchè già queste osservazioni sono sufficienti a dare un'idea di quali sono i piani su cui si muove la dis-informazione giornalistica pubblica e di quanto facilmente si possa indurre un'idea deformata della realtà mediante la semplice "selezione" delle notizie e delle "parole" usate per definire "i fatti";
Un'idea, in questo caso, ingiustamente pregiudizievole delle ragioni, degli intenti, e degli effetti delle azioni del governo Israeliano e del suo esercito; con l'effetto "devastante" di rendere Israele una specie di Stato "Mostro" e attirando su di esso l'ostilità e l'animosità dell'opinione pubblica Italiana così formata.

Ma voglio aggiungere un ulteriore appunto alla questione "qualitativa" più sopra accennata.
Mi riferisco alla distinzione tra "terroristi", "miliziani", "civili", e bambini, che viene sistematicamente fatta durante i servizi dei nostri TG mentre si "contano" gli effetti degli interventi militari Israeliani contro "i palestinesi" o contro "il campo profughi" palestinese (oramai delle vere e proprie località in "stile" arabo; ma continuare a chiamarle "campi profughi" aiuta a trasmettere l'idea di "luogo della sofferenza") .
Ovviamente la valutazione e la reazione emotiva è ben diversa se ad essere "vittima" dell'azione militare Israeliana sono dei "miliziani", piuttosto che dei semplici (ed innocenti) "civili", piuttosto che (ancora più innocenti) "donne", o peggio (super innoccentissimi) "bambini".
Quindi, dire "gli Israeliani hanno ucciso 27 terroristi, tra cui cinque donne, e tre adolescenti" è ben diverso che dire "gli Israeliani hanno ucciso 30 palestinesi, tra cui cinque donne e tre bambini".

Nel primo caso si può immaginare che l'azione militare sia stata, necessaria (perchè rivolta contro i "terroristi"), precisa e mirata; che le donne pure partecipano alle attività belliche palestinesi (come in effetti accade), e le "vere" vittime, pur essendoci, sono relativamente poche.
Nel secondo caso, invece, la cosa assume le forme di una strage; anzi, di una strage di innocenti.
L'attaco risulta essere indiscriminatamente contro "i palestinesi", "i civili" (visto che non si menzionano nè miliziani e nè tantomeno "terroristi" , e contro gli innocenti (donne e bambini).

Ora... visto che la "qualificazione" e la distinzione tra "miliziani" e "civili" la fanno direttamente le fonti palestinesi ( in particolare i presidi ospedalieri) che, ricordiamolo, NON VENGONO VERIFICATE e, visto e considerato che i "miliziani" palestinesi spesso indossano abiti civili, e che la differenza tra "miliziano" e "terrorista" è una questione molto chiara (gli uni "combattono", gli altri colpiscono deliberatamente e vigliaccamente "i civili""nemici") ma difficilmente provabile e documentabile, va da sè che le "fonti palestinesi" (ben consapevoli del diverso impatto emotivo sull'opinione pubblica occidentale), tendono a qualificare come vittime "civili" il maggior numero di persone per avvalorale l'idea che l'attacco Israeliano è tutt'altro che "mirato".
Lo stesso dicasi per la qualifica di "bambino" a cui noi tendiamo ad associare maggiormente l'idea dell'innocenza e, quindi, della "vera vittima".
Ora è ben noto che in palestina l'uso delle armi anche tra giovani e giovanissimi non è certo un fenomeno limitato; cosa impedisce alla "fonte informativa" o al "giornalista" di definire "bambino" un palestinese di 11,12 o 13 anni?
Ipotizziamo che tra i "miliziani" palestinesi colpiti dall'esercito Israeliano ci fossero pure due ragazzini di 12 anni tutt'altro che "inconsapevoli"... chi impedirà al giornalista di definire anche quei due "ragazzini in armi" dei "bambini (innocentissimi)"?
In fondo non sta scritto da nessuna parte a quale ètà si finisce di essere bambini... basta guardare certi esponenti politici... Craxi, Mastella... nel momento in cui sono stati accusati di fare qualcosa di illecito, la prima cosa che hanno detto è stata: "ma lo fanno anche gli altri!"
Stesse parole che userebbe un bambino di 6 anni!

Purtroppo però, in questo caso, il richiamo della figura del "bambino" come vittima ha l'effetto di evocare l'idea della "strage di innocenti"; un'immagine molto forte, molto emotiva e molto "giornalistica" (nel senso che il giornalismo "rampante" è sempre alla ricerca affannosa di notizie, e immagini, che suscitino forti emozioni, reazioni); l'uso forzato di questa immagine porta, come dicevo sopra, ad una ulteriore deformazione della realtà, in cui a farne le spese è costantemente soprattutto il giudizio dell'opinione pubblica sull'operato del governo Israeliano e sulle sue azioni militari; un giudizio inevitabilmente teso alla condanna senza appello.

Il controsenso di oggi è questo:
Che le redazioni dei TG nazionali ritengano gli interventi militari Israeliani degni di immediati servizi giornalistici di informazione e denuncia, mentre alle quotidiane gragnuole di granate lanciate dai palestinesi sulle teste degli Israeliani non viene dato nemmeno lo spazio di un trafiletto.

Saluti e...
buoni controsensi a tutti.